Riapertura Aicurzio
Giugno 29, 2020Il servizio d’asporto Made in Sud a Merate e Aicurzio
Ottobre 20, 2020C’era una volta un Re polacco spodestato, un esilio dorato in Francia, le notti di Costantinopoli e un intreccio di reali parentele…avreste mai pensato che potesse iniziare così la vera storia di uno dei simboli della cucina partenopea? Il babà non fu inventato né all’ombra del Vesuvio, né a Posillipo.
Siamo nel ‘700, nel Nord della Francia nella cittadina risiedeva Stanislao Leszczinski. Il Re polacco, in esilio, si dice che un giorno bagnò con del madeira una fetta di kugelhopf (un dolce austriaco molto famoso a quell’epoca), probabilmente per prolungarne la morbidezza nei giorni successivi alla sua preparazione. Il kugelhopf “ubriaco” da lui coniato venne così migliorato con ben tre lievitazioni e vi furono successivamente aggiunti uva passa, canditi e addirittura dello zafferano, che l’ex sovrano polacco aveva conosciuto durante la sua prigionia a Istanbul e la sua permanenza in Bessarabia.
Da questi ingredienti…come fa ad essere arrivato alla ricetta del Babà che conosciamo oggi?
Di strada il babà, infatti, dovrà ancora farne molta perché da Luneville sbarcherà a Versailles: la figlia di Stanislao, Maria Leszczyńska, aveva sposato il re di Francia Luigi XV, e si era portata dietro il pasticciere del padre, il polacco Nicolas Stohrer. Negli anni ’30 del XVIII secolo a corte impazzava la moda del rum giamaicano, che presto sostituì il madeira nel babà.
Di fatto quindi a Parigi il babà perse lo zafferano e i canditi, per acquistare invece l’odierna forma a fungo con “turzo” e “capocchia”: fu lo stesso pasticciere Sthorer a dargliela, che intanto aveva aperto una pasticceria al numero 52 di rue Montorgueil, ancora oggi allo stesso indirizzo.
E Napoli? Quando arriva Napoli? Ora ci arriviamo.
La consorte di Luigi XVI, Maria Antonietta, aveva unasorella prediletta: Maria Carolina d’Austria, moglie del vulcanico re di Napoli Ferdinando IV di Borbone. La regina portò nella Napoli di fine ‘700 gattò, besciamella, gratin e sciù, e di certo la moda continuò sotto il regno di Gioacchino Murat. Già nel 1836 il babà appare come dolce tipico napoletano nel primo manuale di cucina italiana scritto da Vincenzo Agnoletti per un’altra sovrana “francese” in terra italiana, Maria Luigia di Parma.
A fine ‘800, il babà diventerà il borghese dolce da passeggio della Napoli bene.
Uno street food di classe giunto intatto fino a noi. Un destino impensabile e che, di sicuro sarebbe piaciuto al re filosofo che lo inventò.
“Si nu’ babbà” ovvero “sei un tesoro”. Un tesoro di gusto né troppo asciutto né troppo bagnato, né troppo dolce, né troppo aromatico.